Gli psicofarmaci si dividono in quattro grandi categorie, ciascuna composta da varie sottocategorie: ansiolitici, antidepressivi, stabilizzatori dell’umore e antipsicotici.

La scelta del farmaco, così come il dosaggio e la durata del trattamento, sono fattori cruciali nel determinare la qualità della risposta.

Dall’appropriatezza della prescrizione rispetto ad una determinata situazione clinica, al tipo di disturbo e alle caratteristiche della persona dipendono l’efficacia e l’assenza di effetti collaterali.

La prescrizione corretta, infatti, può contribuire in modo molto significativo a risolvere un disturbo psichico ed i suoi esiti negativi sulla qualità della vita della persona interessata.

L’uso di un farmaco per fronteggiare un disagio psichico è comunque da considerarsi una risposta potenzialmente importante, ma parziale. L’origine di un disturbo emotivo è infatti legata a fattori psicologici ed esistenziali sui quali occorre agire integrando l’azione dei farmaci con gli opportuni interventi psicologici e psicoterapeutici, indispensabili a rimuoverne le cause. Per la stessa ragione esistono molte situazioni di disagio psichico la cui risoluzione non si giova dell’uso di farmaci.

Le ricerche scientifiche mostrano, infatti, che l’uso di terapie combinate (terapie farmacologiche e psicoterapie) produce esiti clinici migliori nel lungo termine rispetto all’adozione della sola terapia farmacologica.

L’opportunità di intraprendere una terapia psicofarmacologica richiede quindi un’attenta valutazione su: eventuale utilità di un farmaco; vantaggi e svantaggi connessi al suo utilizzo; tipo di terapia farmacologica indicata nella situazione specifica; dosaggio e durata in relazione alla condizione clinica; eventuale integrazione con le terapie di tipo psicologico; propensioni della persona.